giovedì 30 agosto 2018




“COME TI DIVENTO BELLA":
 l’autostima ritrovata davanti allo specchio


L’autostima  è un costrutto particolarmente in voga negli ultimi anni, sempre più persone infatti  si affacciano alla psicoterapia lamentandosi di averne poca o nulla. È un concetto talmente diffuso  che tutti ne parlano, dallo psicoterapeuta più esperto al portinaio.

Una prima definizione del concetto di autostima si deve a William James, il quale la concepisce come il risultato scaturente dal confronto tra i successi che l’individuo ottiene realmente e le aspettative in merito ad essi.
                                                
L’autostima di ciascuno è il focus anche di “Come ti divento bella”, una commedia che indaga molti aspetti: dall’amicizia alla famiglia, puntando l’analisi sulle relazioni interpersonali.  



Sul banco degli imputati c’è quel qualcosa che allo specchio proprio non va giù, accusato di essere il responsabile di fallimenti o di successi mancati o soltanto sfiorati. Renée, la protagonista,  vuol sentirsi bella. Vuol provare l’ebbrezza di essere corteggiata da uno sconosciuto e al suo mancato appeal attribuisce la colpa di non aver mai vissuto quelle emozioni.  E alla bruttina Renée  proprio una caduta di sella da uno spinner da palestra cambia la vita. Quando si riprende dal trauma non ha neanche un livido ma le resta la convinzione che un qualche dio dell’Olimpo abbia realizzato il suo sogno: Diventare bellissima. Resta identica, è solo la sua percezione che muta: si vede splendida. E come tale inizia a comportarsi, in mezzo alla gente, con gli uomini, dovunque e la sua vita si trasforma. Acquisisce così una sicurezza e una grinta sconosciute che le fanno compiere una scalata professionale e trovare anche l’amore. All’improvviso, però, una nuova caduta, toglie a Renee l’illusione che la aveva liberata da un incubo psicologico; ma, quando tutto sembra crollarle addosso, una sorpresa restituisce gli equilibri perduti.


Il messaggio che vuole rilanciare questo film e la stessa protagonista, considerata una delle maggiori star comiche over size in America, è imparare ad accettare sé stessi per ciò che si è, difetti inclusi. Se tu ti vedi bella, gli altri ti vedranno nello stesso modo! Perché, in fondo, la specificità di ognuno la fanno i difetti che rappresentano il tratto più caratteristico. Raggiungere i propri obiettivi non dipende dunque da altro se non dalla propria determinazione e preparazione. 
Si è belli davvero solo se ci si convince di esserlo, difetti e chili in più a parte. È, infatti, il modo in cui ci si percepisce a definire la possibilità di realizzare i propri sogni: nella vita sì è quello che si pensa di essere. La nostra mente infatti è ‘come una lente: la visione di sé stessi e del proprio corpo avviene attraverso questa lente che può modificare, deformare, ampliare o distorcere ciò che osserva‘. Dobbiamo quindi imparare a conoscere questa lente e i suoi filtri, perché essa influisce non solo sul modo in cui vediamo il nostro corpo, ma sul modo in cui vediamo noi stessi in generale. A sua volta, il modo in cui vediamo noi stessi è a fondamento del nostro modo di porci rispetto all’ambiente, alla nostra vita.


  Spesso si tende a costruire un’immagine di se stessi non corrispondente al vero con lo scopo di dover piacere agli altri oppure dover rispettare canoni estetici autoimposti. Esigenze queste che il più del volte assumono le pieghe di una vera ossessione. La difficoltà ad auto-accettarsi spesso è la conseguenza di regole rigide su come si dovrebbe realmente essere; ad esempio una persona con qualche chilo in più può avere difficoltà ad accettare se stessa se crede che la bellezza sia sinonimo di magrezza. Se lei pensa che per essere belle si deve essere magre, non riuscirà mai ad accettarsi.


La necessità compulsiva di sedurre e di sentirsi ammirati è strettamente legata all’autostima: se otteniamo ammirazione e consenso da chi ci circonda, crediamo di avere molte relazioni positive sentendoci persone interessanti e degne di amore. Tornando a casa e posando sul comodino quel calco indossato per tutto il giorno ci si ritrova spesso però soli e delusi.
È questa la ragione per cui bisogna lavorare sempre su se stessi, mandando all’aria piani pensati per il mondo esterno e percorrendo quella corsia preferenziale che conduce solo a se stessi.


L’autostima, come tutte le cose, s’impara con la pratica. La sviluppi decidendo di agire come se già avessi tutta la confidenza che ti serve. Simulandola finché non la sviluppi realmente. L’insicurezza genera insicurezza, i dubbi che sollevi ostacolano il tuo potenziale più dei tuoi reali limiti. Se agisci ripetutamente con risolutezza svilupperai l’abitudine ad agire con confidenza e la mancanza di autostima diventerà un ricordo. Se ti allenerai a non ti preoccuparti di quello che la gente può pensare di te inizierai ad accorgerti che la gente non sta affatto pensando a te nei termini in cui credi, anzi, molto spesso non sta affatto pensando a te! Concentra l’attenzione su quello che vuoi piuttosto che su quello che possono pensare gli altri. Il giudizio degli altri non deve essere né un ossessione né un alibi.

Le cose veramente importanti per te sono quelle che devono guidare le tue decisioni. Se agisci in contrasto con i tuoi valori perderai la stima di te stesso e rimarrai prigioniero di uno strisciante senso di insoddisfazione. L’autostima arriva da sé quando sai di agire con coerenza a ciò che ritieni giusto, alle tue aspirazioni, al tuo schema di riferimento di base per le tue valutazioni. Seguire i tuoi valori alimenta l’amore per te stesso, l’apprezzamento, l’accettazione indipendentemente dai difetti e dalle prestazioni, alimenta un’autoimmagine positiva, ti fa sentire all’altezza delle tue capacità, e dà fiducia a te stesso, sapendo di aver risposto in maniera adeguata alle situazioni importanti. Lo stesso avviene quando sfrutti i tuoi talenti: quando lo fai riesci bene senza sforzo e il successo ti dà fiducia, genera una visione positiva di te stesso e ti fa amare te stesso ancora di più.


venerdì 24 agosto 2018

MANGIA QUELLO CHE TI PIACE E DIMAGRIRAI!

Chi crede che sia vera questa frase, alzi la mano! Fino poco tempo fa pensavo fosse una trovata pubblicitaria per “ingolosire” le persone ad accettarsi o ad accettare diete “modaiole”. Da quando ho iniziato ad approfondire le tematiche dell’alimentazione ho scoperto che si perde peso mangiando ciò che piace. 
Questa nuova linea di pensiero, che va in netta contrapposizione con chi prescrive diete ipocaloriche basate su cibi considerati “nemici” della linea, parte dal presupposto che le persone reagiscono in modo diverso a seguito del consumo dei medesimi cibi. Alcune persone pur consumando parecchi carboidrati, da sempre considerati nemici della linea, si sentono in forma e non prendono peso; altre persone invece con la stessa dieta ingrassano e si gonfiano. La dieta pertanto va personalizzata per ottenere risultati ottimali, perché rinunciare a ciò che piace, è controproducente perché potrebbe portare ad assumere cibi non adatti alla nostra persona. 
Per conoscere ciò di cui ha bisogno o meno il nostro organismo è necessario analizzare tanti elementi diversi, tra cui i fattori ormonali o la composizione della nostra microflora intestinale, l’innalzamento  della glicemia e dell’ insulina. Lo strumento più immediato per valutare se c’è qualcosa che non va è ascoltare la fame: se dopo i pasti siamo ancora affamati, significa che non stiamo mangiando le cose più giuste per noi. 



Da psicoterapeuta non posso inoltre non considerare gli aspetti psicologici legati alla scelta di alcuni alimenti e le abitudini alimentari in generale. Quando mangiamo un cibo che ci piace proviamo una sensazione di appagamento, perché il nostro cervello accende “gli interruttori del benessere” e attiva alcuni neurotrasmettitori legati al piacere, alla soddisfazione e alla ricompensa. 
Quando nella nostra vita manca il piacere, spesso scende in campo il desiderio di cibo per compensare, per difenderci dai dispiaceri, per gratificarsi, per fuggire dalle emozioni negative come tristezza, abbandono o dalle relazioni infelici. Quando la vita diventa amara, si tende a colmare i vuoti con un’alimentazione dolce. Il cibo diventa quindi un abbraccio o una carezza avvolgente che colma un vuoto che non sai riempire in altro modo. È importante quindi chiedersi “ma di che cosa ho voglia veramente? A me cosa piace fare? Cosa desidero? Cosa mi fa star bene, anzi cosa mi fa impazzire di gioia e di piacere?” 
Porre lo sguardo sui nostri stato d’animo, renderli consapevoli significa evitare di ricorrere al cibo, di gratificarsi con il mangiare.
Questo ovviamente non accade a tutti, anzi, ci sono persone per cui il cibo è il carburante essenziale per scoprire il mondo, è legato a momenti di spensieratezza e gioia ed è più facile che quando sono giù, il loro stomaco si chiuda. 











venerdì 10 agosto 2018

DIMAGRIRE SÌ, MA FELICEMENTE!


Molte persone sono sempre a dieta ma non dimagriscono mai e a volte sviluppano anche intolleranze e disturbi fisici. Come mai? I dietologi e i nutrizionisti oggi dicono che le diete “punitive”, che vietano il consumo di alcuni cibi o che  diminuiscono radicalmente le quantità di cibo assunte, sono controproducenti; perché privano l’organismo di importanti nutrienti, fanno sentire la persona sempre più affamata e deprimono l’umore. La trasgressione diventa quindi un comportamento atteso. Eliminare trasgressioni e passioni vuole dire condannarsi a delle frustrazioni inutili.
Il cibo è un piacere, che non può essere l’unico ma non va neanche mortificato. Il segreto è quindi concedersi una piccola trasgressione in tavola al giorno, facendo attenzione a moderare le porzioni. Una pallina di gelato, qualche patatina, una fetta di parmigiana, una caramella non possono farti nulla! È indispensabile anche cercare e coltivare altri piaceri fuori dalla sfera alimentare: una bella nuotata, una bella camminata, un concerto all’aperto, un massaggio. 




È importante imparare a nutrirsi in modo sano, equilibrato, bilanciato, senza farsi mancare alcun nutriente ma non è sufficiente, serve associare dell’attività fisica e fare qualcosa per se stessi.
 Alcuni ricercatori hanno sottolineato l’importanza per esempio di mangiare in compagnia, tale modalità farebbe produrre endorfine, sostanze responsabili del buonumore. Ricordo però di curare bene la compagnia, in quanto se le persone che stanno al nostro tavolo per noi sono fonte  di “ansia” o di “stress”, l’effetto benefico del mangiare in compagnia viene meno, come già descritto in un altro mio articolo “cellulite e psicoterapia”.
 La ricetta perfetta sembra essere dunque racchiusa nel titolo di un libro: “Mangia, muoviti, ama” (G.Nardone, L.Speciani)

COSA FARE:

Nutriti sano e concediti una piccola trasgressione in tavola al giorno, facendo attenzione a moderare le porzioni.
Fai attività fisica
Fai ogni giorno una piccola cosa che ti diverte e ti appaga.