venerdì 26 gennaio 2018








IL MODELLO BIO-PSICO-SOCIALE per comprendere la salute mentale.

 Il 25 gennaio 2018 sono stata invitata a partecipare al convegno intitolato "Nessun uomo è un'isola"  tenuto alla cascina Clarabella, contesto nel quale un anno fa Nadia, una terapista, veniva uccisa da un utente. 
 L'apertura di questa giornata è stata affidata alle parole del direttore del DSM, il dottor Andrea Materzanini, che con poche frasi ha saputo raccontare cos'è cambiato durante quest'anno e qual è il senso del nostro lavoro quotidiano con coloro che soffrono un disagio.
 Ci ha invitato, nella pratica clinica,  a utilizzare un modello bio-psico-sociale, a prendere cioè in cura la persona dentro il suo ambiente; non identificando la persona con il nome della sua malattia, perché la persona non è la sua malattia. 
 Oggi sostiene domini un approccio biologico alla malattia mentale, si considerano i pazienti come corpi malati e non come soggetti con propri bisogni e desideri. L'approccio biologico ritiene che possano dunque bastare gocce e pastiglie per alleviare la sofferenza psichica, tesi contraddetta dalle evidenze scientifiche. 
 L'OMS evidenzia, invece, come siano tre i fattori in grado di modificare il decorso della malattia e produrre salute mentale: la casa, il lavoro, la rete sociale. Il modello bio-psico-sociale diventa quindi il modello più legittimo; c'è una quota di bio, una quota di psico, una quota di sociale; sono approcci che vanno integrati. La salute mentale lavora sul dentro e fuori della persona: sul suo ambiente di vita. Avere una casa, un lavoro, una rete sociale sono elementi fondamentali per il nostro benessere. Il lavoro di cura quindi non è arrivare a controllare il sintomo, ma è fatto di ricerca di casa, di lavoro e di costruzione di una rete sociale.
 Per fare ciò è nato una decina di anni fa il progetto Budget di salute. Si tratta di un programma terapeutico individualizzato innovativo nato nell’ambito del progetto “Territori per la salute mentale” del DSM dell’ASST Franciacorta. Con il budget di salute si mette al centro dell’intervento la capacità di un territorio di fornire risposte che integrino i bisogni di cura con quelli sociali, lavorativi e residenziali sperimentando percorsi integrati e personalizzati di inclusione sociale per quelle categorie di pazienti maggiormente discriminate dal mercato del lavoro, da quello immobiliare e dai contesti socio-culturali.
 Il programma viene applicato quando ci sono pazienti che vivono in situazioni di isolamento sociale con frequente abbandono dei programmi terapeutici, ripetuti ricoveri e difficoltà ad essere inseriti in comunità. Questa impostazione dell’intervento considera gli impedimenti esterni all’accesso e all’esercizio dei diritti formativi, lavorativi, di habitat sociale, come fattori che trasformano una persona vulnerabile o a rischio, in un caso assorbito dal circuito dei servizi. La disabilità sociale, familiare, economica, diviene pertanto il riferimento operativo delle istituzioni sanitarie e sociali.
 Il budget individuale di salute si aggiunge e non sostituisce gli interventi già previsti nello svolgimento di compiti istituzionali di prevenzione, cura e riabilitazione.


Il testo è tratto da:
“Perché non bastano gocce e pastiglie” di A. Materzanini, pubblicato in Animazione sociale 303, numero 7/2016. Mensile per gli operatori sociali

Http://www.consorziocascinaclarabella.it/servizi-alla-persona/budget-di-salute/

lunedì 15 gennaio 2018

ALFABETIZZAZIONE: ACCOGLIENZA, INSERIMENTO E INTEGRAZIONE
INTERCULTURALE

La presenza di persone straniere nel nostro territorio è ormai una realtà consolidata da tempo, tanto che la nostra zona sta diventando sede di una società multietnica, in cui più culture devono convivere. E’ importante che tutti i cittadini imparino il rispetto e la tolleranza nei confronti di valori che finora non erano patrimonio del loro bagaglio culturale.
La diversità deve essere intesa come risorsa, arricchimento, straordinaria opportunità di scambio, cooperazione e stimolo alla crescita personale di ciascuno. L’educazione interculturale nasce dall’incontro consapevole di soggetti e identità culturali differenti che si muovono insieme verso la costruzione di una nuova convivenza civile. Credere nell’educazione interculturale significa credere in un tipo di educazione che si agisce, mira al cambiamento, riguarda tutti, si contestualizza nel tempo e nello spazio, è formazione permanente. L’intervento educativo di tipo interculturale è mirato alla promozione del dialogo e della convivenza tra soggetti provenienti da culture diverse. Le diversità culturali devono tradursi in occasione di reciproco arricchimento e maturazione nel perseguimento di una convivenza basata sul rispetto, sullo scambio, sulla cooperazione.
L’acquisizione della lingua diventa, dunque, lo strumento fondamentale del processo di comunicazione/ integrazione; pertanto l’inserimento di una persona straniera nel territorio richiede un intervento didattico immediato di prima alfabetizzazione in lingua italiana che gli consenta di acquisire le competenza minime per comprendere e farsi capire. Le persone straniere si trovano a doversi confrontare con diversi usi e registri nella nuova lingua: l’italiano per comunicare e l’italiano per studiare, attraverso il quale apprendere le altre discipline, nel caso si tratti di studenti.
Per poter affrontare tali situazioni, è necessario porsi delle priorità didattiche e attivare delle modalità di lavoro, in grado di facilitare il percorso di apprendimento linguistico da parte della persona straniera.


È importante pertanto costruire un “contesto facilitante” inteso come insieme di fattori che contribuiscano a creare un clima di fiducia: fattori interni (motivazione - gratificazione) ed esterni (spazi di lavoro - materiali scolastici - testi - messaggi in varie lingue), uso di canali comunicativi diversi - da quello verbale a quello multimediale.