DSA:
D come...?
La “D” nella sigla DSA sottende la D di Disturbo Specifico dell'Apprendimento. In
realtà, la lettera D può assumere anche altri significati a seconda di ciò che vogliamo sottolineare e, quindi,
del “paio di occhiali” con cui
guardiamo alle caratteristiche delle persone con DSA. In molti paesi
anglosassoni il dibattito sul significato da dare alla “D” è molto acceso e
attuale: può diventare D di Difficoltà
che osserviamo, quindi manifestazioni del Disturbo
e Disabilità, o D di Differenza
nel modo di apprendere, che rimanda ad altre modalità di avvicinarci a tutto ciò
che coinvolge il linguaggio scritto. Le tre concettualizzazioni non sono in
antitesi, ma esprimono aspetti diversi
di una stessa realtà; ognuna di esse offre, infatti, lo stimolo per una azione diversa e specifica.
D come Disturbo e/o Disabilità
Il termine Disturbo
riferito alle difficoltà di apprendimento è utilizzato nei sistemi di
classificazione dei Disturbi Mentali, i cui manuali (DSM e ICD 10) contengono i
criteri condivisi dalla comunità scientifica per identificare i disturbi.
Il termine Disorder (Disturbo) è retaggio di una delle prime
formulazioni di Critchley (1968), che introdusse il criterio della “discrepanza”, cioè differenza, tra quoziente intellettivo e abilità
scolastiche. Questo è tuttora il criterio utilizzato per formulare una
diagnosi di DSA: infatti, le persone con DSA, per definizione, sono intelligenti, ma hanno prestazioni
nell'ambito della lettura, scrittura e/o calcolo significativamente al di sotto
della norma (la normalità è data dalla prestazione della maggioranza delle
persone).
L'abilità è la capacità di mettere in atto una serie di azioni,
spesso in sequenza tra loro, in modo rapido ed efficiente, per raggiungere uno
scopo con un minimo dispendio di risorse. Il concetto di abilità si lega a
quello di automatizzazione: un
bambino è abile a leggere quando il processo di lettura è divenuto automatico.
Di conseguenza possiamo pensare alla disabilità
come all'incapacità di stabilizzare una
routine di azioni che non possono essere eseguite in modo veloce e accurato
con il minimo dispendio energetico. La mancata acquisizione di un'abilità può
dipendere da:
ñ prerequisiti di base;
ñ esposizione agli stimoli;
ñ frequenza dell'esercizio
(allenamento).
Nei casi dei DSA, la disabilità è causata dalla mancanza
della prima condizione, cioè dei prerequisiti di base. Per questo,
l'esposizione agli stimoli e l'allenamento non sortiscono gli effetti attesi,
il processo non diventa automatico, e questo aspetto va sempre tenuto in
considerazione da genitori e insegnanti.
D come Difficoltà
Le persone con DSA incontrano numerose difficoltà nella loro storia scolastica e nella vita, con effetti a
volte importanti sugli apprendimenti, che possono portare a situazioni critiche a livello psicologico,
quali un sè scolastico negativo
(Bender e Wall, 1994) che si ripercuote sull'attribuzione dei successi alla fortuna (cause esterne a
sè) e degli insuccessi alla propria
capacità e impegno (McInerney,1999); da ciò conseguono un basso livello di
autoefficacia e bassa motivazione, scarsa fiducia in sè e disistima (Baum e
Owen,1988; Bong e Clark,1999).
I DSA sono un aspetto di una persona che ha un proprio
carattere, punti di forza e punti di
debolezza, caratteristiche e peculiarità che incidono anche sul modo di
affrontare e di gestire la propria vita, comprese le difficoltà; dobbiamo
quindi avere una visione più ampia e non definire la persona soltanto
attraverso questo aspetto. E' d'altra parte fondamentale riconoscere precocemente i campanelli d'allarme per potere al più
presto intervenire con percorsi individualizzati.
La difficoltà è
costruita socialmente,
nel senso che deriva dalle richieste ambientali (Pollak,2009): i DSA hanno
difficoltà in un sistema educativo in cui le richieste sono principalmente
basate sulla letto-scrittura.
D come Differenza
Secondo il modello sociale delle differenze individuali, se c'è una difficoltà, questa dipende
soprattutto dalla cultura in cui siamo sommersi: se vivessimo in una
cultura orale, i DSA non si manifesterebbero, poichè non sarebbe richiesta la
letto-scrittura (Pollak, 2009). Inoltre, le difficoltà delle persone con DSA
possono essere accentuate o attenuate
dalle richieste scolastiche: quando le valutazioni e gli strumenti per
l'apprendimento necessitano dell'uso della letto-scrittura emergono le
difficoltà delle persone con DSA. In base a questo modello, i DSA
rientrerebbero nelle differenze
individuali, tipicamente della neurodiversità umana, secondo cui gli
individui possono pensare o comportarsi, per certi aspetti, ognuno in modo
differente dagli altri, respingendo quindi l'idea che queste differenze siano
necessariamente disfunzionali e che debbano essere “corrette” (Grant,2009).
Nel modello sociale interattivo (Harrington e Hunter-Carch,
2001), la dislessia è considerata una differenza
dell'apprendimento, poichè siamo tutti “neurodiversi”; è il contesto
sociale che determina se la neurodiversità è percepita come disabilità. Oltre
alle difficoltà, però, sarebbe utile evidenziare anche altri aspetti,
sottolineando la necessità di far leva sui punti
di forza che di solito si riscontrano nelle persone con DSA, quali:
ñ intelligenza;
ñ capacità di memorizzare per
immagini;
ñ approccio inusuale e diverso
alle materie scolastiche;
ñ capacità di fare collegamenti
non convenzionali;
ñ creatività e capacità di
produrre facilmente nuove idee;
ñ propensione alla selezione di
argomenti in una discussione;
ñ abilità nelle soluzioni dei
problemi che richiedono di immaginare soluzioni possibili.
Molte di queste peculiarità sono associate alla capacità di
processare le informazioni in modo globale, invece che in sequenza, e di
pensare in modo visivo piuttosto che verbale (Krupsa e Klein, 1995; Morgan e
Klein,2000). Inoltre, come tutti i bambini, anche quelli con DSA tendono ad
avere un alto livello di pensiero divergente, che permette di trovare diverse
soluzioni in una data situazione (Land e Jarman, 1992). Tale caratteristica
generalmente si mantiene nei bambini con DSA (Grenci, Amodio e Bandello, 2007),
tanto che la rivista Fortune (Morris, 2002) mette in relazione l'alta
percentuale di top manager dislessici con la natura stessa dell'economia
digitale. In altre parole, il successo
di questi manager diventa rilevante grazie
al loro modo di “funzionare” e non malgrado la loro difficoltà.
Spesso i punti di forza non vengono
valorizzati o sollecitati, per cui i bambini stessi non li potenziano e non li
utilizzano e cercano di adattarsi a metodologie che sono per loro poco
congeniali. In realtà, queste caratteristiche sono fondamentali per
superare le barriere che possono incontrare, ed è necessario trovare strumenti e strategie che valorizzino le abilità:
attualmente la tecnologia ha fatto passi da gigante e offre soluzioni originali
e innovative.