sabato 10 febbraio 2018




DISPETTO O BULLETTO?



È importante distinguere un atto di bullismo da un dispetto tipico delle normali schermaglie fra bambini, della lotta per gioco, degli scherzi; nel dispetto c’è una certa reciprocità e non c’è un ruolo fisso. Anche gli altri bambini comprendono la differenza e, in genere, ridono o scherzano. È importante quindi non confondere un atto di bullismo con comportamenti aggressivi o conflittuali tipici tra bambini. Per parlare di bullismo vero e proprio, infatti, occorre che un atto di violenza sia volontario, da parte di un “forte” (si crede tale) nei confronti di un bambino più debole che di solito è colui che soccombe. Questi atti devono avvenire ripetutamente per un lungo periodo di tempo e spesso di fronte ad un pubblico di coetanei che solitamente non reagisce o che rinforza involontariamente il comportamento del bullo stesso.

Le piccole cattiverie dettate da gelosia, invidia, risentimento, tutti i bambini prima o poi li subiscono o le mettono in atto. Se alla scuola materna i bambini non hanno ancora appreso le regole sociali, alle elementari si fa strada il concetto del rango. Quindi il bambino fa i dispetti a chi ritiene meno in gamba, per dimostrare che è più forte. Si tratta di dinamiche tipiche, che vanno quindi distinte dai primi segnali di bullismo.


Lo stuzzicare ad esempio dura poco; avviene tra uguali; è spontaneo; spesso scherzoso; è spiacevole ma sopportabile; è uno contro uno e può essere reciproco. Il tormentare invece è persistente, ripetitivo; è una lotta ineguale; è calcolato, deliberato; si vuole ferire, annientare; spesso sono vari attori contro uno; tende a relazioni fisse: bullo e vittima. Le conseguenze possibili dello stuzzicare possono essere: fastidio; il ritorno ad essere amici; il restare integrati al gruppo, che non ne soffre e ritrova la sua coesione. Nel tormentare invece il disagio dura nel tempo; è più difficile tornare amici; c’è isolamento, solitudine della vittima; nel gruppo c’è un clima di minaccia, c’è scarsa fiducia, poca spontaneità e amicizia.

Se il dispetto quindi diventa prepotenze e attacco costante al compagno più vulnerabile, allora ci vuole un intervento pronto e autorevole da parte delle figure educanti. I bambini devono, innanzitutto, imparare a reagire in modo equilibrato e valutare la gravità caso per caso: minimizzando quando si tratta di piccolezze e invece fermarsi a riflettere quando le parole e le azioni fanno davvero male. L’eccessiva suscettibilità, infatti, non aiuta a vivere serenamente e rischia di trasformare ogni piccola conflittualità in una guerra. È importante per i bambini imparare a mettersi nei panni degli altri; infatti i bambini spesso se la sanno cavare da soli, vittima e carnefice che siano e sanno trovare modi per risolvere la questione. I genitori e/o le figure educative devono intervenire soltanto se il dispetto degenera in uno scontro fisico vivace o verbale dai toni accesi. In questo caso il genitore e/o la figura educativa deve entrare in scena con un atteggiamento autorevole, passando il messaggio che ci sono limiti che non vanno superati. È importante riflettere poi su quanto accaduto quando i toni si sono ammorbiditi, insegnando ai bambini come avrebbero potuto raggiungere lo scopo in modo diverso, evitando lo scontro.

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